Il Dolce Natale Lucano,Tolve.
Un momento da condividere con la famiglia e le persone a cui si vuole bene, il Natale è una festa millenaria che abbraccia paesi e culture diverse sparse in ogni angolo del mondo. Realtà sociali vicine o lontane, che esprimono tutta la loro splendida specificità culturale a tavola: è proprio attraverso il cibo e la gastronomia che ogni Paese racconta se stesso, la propria storia e unicità.
In Basilicata il rapporto tra cibo e religione è sempre stato molto vivo: numerose, infatti, sono le tradizioni gastronomiche e folcloristiche che affondano le loro origini nelle credenze religiose, e il Natale è la festa che più conserva, ancora oggi, i sapori, gli odori, il valore culturale di una volta. A Natale si riscopre il piacere di una tavola imbandita, il piacere di riassaporare i gusti di una volta, che appartengono alla propria tradizione culinaria. E la tavola è ancora oggi il luogo in cui la famiglia si ritrova, dove il profumo dell'antico continua ad inebriare i sensi. Un tempo, i nostri contadini mangiavano quasi sempre gli stessi cibi durante tutto l'anno e soltanto nelle feste solenni potevano vedersi sulle loro tavole qualche pietanza diversa, più ricercata e golosa. Non ci dobbiamo meravigliare, quindi, se aspettavano con tanta ansia il Natale e la Pasqua, per mangiare cibi più ghiotti, preparati con cura dalle nostre massaie.
Vi propongo un meraviglioso viaggio attraverso le tradizioni culinarienatalizie di Tolve, un piccolo paesino a 30 km a nord-est di Potenza,che sorge su uno sperone arenario su cui si sviluppa il rione castello, alla confluenza dei corsi del torrente Castagno con la fiumara del Bosco.
Panorama di Tolve.
Tempo fa, quando i nostri nonni erano bambini, la vigilia di Natale era una grande festa..si era soliti mangiare, per tradizione, tredici portate tra cui i “cauzncidd” (i calzoncelli), tipici dolcetti natalizi simili ai ravioli, riempiti con sola pasta di castagne o aggiungendovi pasta di ceci, cacao, cioccolata e noci, fritti nell’olio d’oliva e ricoperti con zucchero a velo o miele;
Calzoncelli
I “cartddat” (cartellate), delle paste frolle a liste dentellate ripiegate a spirali pizzicandole con le dita, dall’aspetto simile a quello di una rosa. Sono preparate con farina, uova e pochissima acqua, fritte nell’olio purissimo di oliva e asperse abbondantemente di miele, zucchero o vincotto;
i “scurpedd”, frittelle di pasta fritta, ottime come antipasto.
Come portata principale invece venivano serviti spaghetti con le alici o verdura come ad esempio i cavoli. Sulle tavole dei lucani non poteva mancare il baccalà infarinato e fritto o a zuppa… il tuttoseguito da fichi secchi coninterno una mandorla, frutta secca, uva. La carne era bandita perché giorno di vigilia. La tavola era sempre apparecchiata e non si sparecchiava fin dopo la mezzanotte. Alla festa si invitavano anche i parenti..c’era tanta allegria..Tutte le donne, prima di andare in Chiesa, per la Messa di mezzanotte, pulivano delle verdure chiamate “i cardoni” per il giorno dopo.
Il giorno di Natale invece, si metteva a cuocere nella “pignata” vicino al fuoco gli ossi di maiale, un pezzo di pancetta, un pezzo di salame e un po’ di lardo tritato finemente. Con questo brodo si condiva la verdura lessa, preparata la sera prima. A pranzo, dopo aver mangiato la verdura e il bollito, si mangiavano i dolci..tra cui anche il “calzone”, focaccia ripiena di fichi secchi a pezzi, uva passa, alici, zucchero e olio. Il pranzo veniva accompagnato col vino bianco o rosso. Nel pomeriggio le famiglie si riunivano attorno al fuoco, si raccontavano le proprie esperienze quotidiane, mangiucchiavano ceci e fave arrostite e bevevano qualche bicchiere di vino.
L'arte culinaria lucana, a dispetto del trascorrere dei secoli, è rimasta pressoché immutata: oggi, la sera della vigilia e il giorno di Natale, continuiamo a sederci in tavola per mangiare i piatti della nostra tradizione, a base di baccalà, frutta secca, frittelle e calzoncelli, accompagnati dal buon Aglianico del Vulture.
I sapori, come la cultura dei paesi, vengono da lontano, dal mondo contadino e pastorale, e hanno profumi particolarmente intensi che personalizzano da sempre la gastronomia lucana. Da ogni paese emerge il valore culturale dei fatti, usi e costumi che rivelano una ricchezza che a volte sbalordisce anche chi la conosce, e chi la sente nell'aria.
Le tradizioni alimentari locali e territoriali spesso rischiano di apparire come lingue morte, e invece racchiudono l'evoluzione e il percorso dei popoli. La gastronomia fine a se stessa non è che un vuoto elenco di piatti e prodotti. La gastronomia consapevole delle proprie radici, che non le dimentica ma che porta sempre con sé, diventa cultura. Cultura di un popolo che conserva lo stesso sapore d'infinito dei propri antenati.
Le tradizioni alimentari locali e territoriali spesso rischiano di apparire come lingue morte, e invece racchiudono l'evoluzione e il percorso dei popoli. La gastronomia fine a se stessa non è che un vuoto elenco di piatti e prodotti. La gastronomia consapevole delle proprie radici, che non le dimentica ma che porta sempre con sé, diventa cultura. Cultura di un popolo che conserva lo stesso sapore d'infinito dei propri antenati.
Ilaria Pappalardo
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