CARNEVALE A TOLVE
A Tolve il carnevale aveva inizio il 17 Gennaio, in concomitanza con la festa di Sant’Antonio Abate. Da questa data, ogni giovedì e domenica, gruppi di persone, mascherate con mantelli a ruota e abiti tradizionali, attraversavano il paese agitando le campane delle mucche e suonando l’antico tamburo lucano, detto cupa cupa.
Il fenomeno era, in passato, legato alla diffusa pratica di realizzare, quasi in ogni casa, il salame ed altri prodotti derivanti dalla trasformazione delle carni del maiale. Queste “serenate” venivano portate senza preavviso. Il gruppo continuava a suonare per il tempo necessario ai padroni di casa a preparare da mangiare e ad imbandire la tavola, dopo di che veniva aperta la porta e il tutto proseguiva nell'abitazione, con canti e balli tradizionali.
Durante la questua che cominciava il 17 gennaio si chiedevano tra l’altro anche noci, mandorle e fichi secchi.
Il martedì grasso era d’obbligo la sfilata con il pupazzo di paglia che poteva avere sembianze di giovinotto o vecchio a seconda della data in cui cadeva Carnevale. La sfilata andava avanti per tutto il giorno. Il corteo si è arricchito nel tempo di altre figure come “Quaremma”, la mamma di Carnevale, i familiari e il sacerdote, tutti impegnati a piangerne la morte. A Tolve il pupazzo di Carnevale viene chiamato “U Rocch’”, il nome più diffuso del paese . Sfilavano anche i cavalli che, addirittura, entravano nelle case dove si mangiava salame e si festeggiava con canti e balli.
Durante il Carnevale era abitudine preparare pasti lauti ed abbondanti, in particolare la domenica o il martedì grasso, oppure in ambedue i giorni.
A pranzo si era soliti mangiare la verdura, in particolar modo i cavoli, cucinati con l’osso di maiale e la cotica, conservati dalle massaie per i giorni di festa.
La sera invece, dopo aver ballato e bruciato il fantoccio di paglia, si mangiava insieme salsiccia, cotica e pezzente o “salame dei poveri” perché preparato con le parti grasse e gli scarti del maiale. Erano d’obbligo i ferretti fatti in casa, qui chiamati “maccarun au sung’ ”. Questo tipo di pasta si prepara con un bastoncino di legno detto appunto “sung’ ”, ormai sostituito con il ferretto in ferro.
I ferretti venivano conditi con sugo, formaggio e rafano. Si cuoceva più pasta rispetto al solito per darne un po’ anche agli animali. Inoltre l’acqua di cottura della pasta veniva data all’asino.
Una piccola curiosità…durante il giorno di Carnevale bisognava prestare attenzione a non starnutire in faccia alle persone perché altrimenti sarebbero morte entro l’anno.
Quando il periodo carnevalesco coincideva con l’uccisione del maiale, si cucinava anche “U sang’nacc” , dolce composto da sangue di maiale, latte, mandorle, noci, fichi secchi, uva passa, cannella in pezzi e poco zucchero. Successivamente si è aggiunto anche il cioccolato. Con i ciccioli del maiale si preparava “la f’cazz chi fritt’l’”, fatta con pasta lievitata alla quale si aggiungevano i ciccioli del maiale, detti in vernacolo “fritt’l”. Il tutto si cosparge di zucchero semolato prima di mettere in forno. I ciccioli sono i residui abbrustoliti delle parti grasse del maiale.
Il giorno dopo carnevale si esponeva al balcone “Quaremm”, pupazzo vestito di nero per la morte del figlio Carnevale. Spesso aveva un fuso in mano che le serviva per filare la lana. Inoltre diventava il bersaglio dei giochi di molti bambini. Al pupazzo venivano attaccati dei campanelli che suonavano ad ogni scossa provocata dai bambini.
Attualmente, è quasi del tutto scomparso il senso dell’attesa e del rispetto delle tradizioni carnevalesche, ma a Tolve si preparano ancora in questo periodo alimenti molto
nutrienti: la pasta fatta in casa, la carne di maiale, i dolci fritti in abbondante olio o strutto.
Maccarun au sung’
Maccarun au sung’
Sanguinaccio e chiacchiere
f’cazz chi fritt’l’
Pezzente
Tolve 18 febbraio 2014
Cupa cupa
Ilaria Pappalardo
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