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domenica 31 agosto 2014

C'era una Volta la Guerra

Colpi di mortaio nelle abitazioni ci raccontano della guerra. Ci raccontano anche le case ricostruite ,quelle ancora da finire, i monumenti e gli edifici da ricostruire. 
La guerra non si dimentica,a distanza di più di venti anni si vivono le difficoltà che quella guerra ha portato. Le difficoltà che si vedono e quelle che non si vedono.
                   Nella periferia della città di Vukovar, uno slogan:
                                   "Eroi piuttosto che criminali."
Sulla strada principale,all'ingresso della città si può vedere una torre d'acqua in rovina lasciata in siffatte condizioni come oggetto della memoria. Essa simboleggia anche ora la lotta dei Croati.


  Una città ordinata e lineare, Vukovar si trova nella parte orientale della Croazia, in Slavonia, tra la città di Osijec e quella di Ilok, sul confine con la Serbia. Città martire e contesa.
Era la seconda municipalità più ricca della Jugoslavia, seconda soltanto alla slovena Maribor. 
Modello di operosità e convivenza, la città è una perla dell'architettura barocca grazie ai denari delle famiglie serbe e croate dominanti e del ricco ceto imprenditoriale tedesco, ebraico ed ungherese. Realtà borghese e operaia, con industrie di importanza strategica nei settori tessile, alimentare e della gomma, Vukovar contava più di 20 diverse nazionalità sul suo territorio,Serbi, Croati, Slovacchi, Ucraini, Russi,ed un numero di matrimoni misti come si fosse a Sarajevo.
Testimonianza  della Vukovar multietnica di fine '800-inizio '900 è l'antico cimitero cittadino con la forte presenza di famiglie di radice tedesca, ungherese ed ebraica. La chiesa serbo-ortodossa di San Nicola e la Chiesa delle comunità russina ed ucraina segnano una porzione della città dove trovano sepoltura i defunti di fede ortodossa e dove si trova un piccolo cimitero che accoglie i cittadini serbi di Vukovar che hanno perduto la vita assediando la propria città  .
Dopo 86 giorni di assedio, un milione di colpi di artiglieria e circa 4.000 civili vittime dell'attacco (da Le guerre jugoslave di Joze Pirjevec).La città è devastata per il 90% dei suoi edifici.
Oggi le trattative con l'Unione europea per l'ingresso nella comunità della Croazia prevedono di
rispettare i diritti delle minoranze e di installare cartelli bilingue là dove sia residente una minoranza
serba superiore al 33%.
Poco distante dalla città il Cimitero memoriale delle vittime della guerra.



Derventa  si trova a nord della repubblica Srpska,entità serba in Bosnia ed Herzegovina. E' uno dei centri abitati più vecchi della Bosnia, tra gli anni 70 e 80  diventa uno dei centri industriali e agricoli più sviluppati della Bosnia ed Herzegovina .Dista a circa 200 Km da Zagabria e altrettanti da Belgrado e Sarajevo. A nord c'è il fiume Sava  che delimita il confine con la repubblica Croata. Dopo Mostar è una delle città più distrutte della Bih.



Secondo l'ultimo censimento tenuto in Jugoslavia ,risalente al 1991, la composizione etnica della popolazione era la seguente: 
Nella Municipalità :  22.986 Serbi (40,9%) ,21.972 Croati (39%),7.122 Bosgnacchi, musulmani
bosniaci, (12,6%) ,3.306 Jugoslavi (5,9%) ,942 Altri (1,6%) . Nella città : 5.558 Bosgnacchi
(31,31%) ,4.555 Serbi (25,66%),4.317 Croati (24,32%) ,2.623 Jugoslavi (14,77%) ,695 Altri (3,91%)




Oggi nell'assemblea dell'amministrazione locale sono rappresentate tutte e tre le nazionalità che vivono nel territorio della Municipalità.
La prima cosa che si vede appena arrivati a Derventa sono il minareto della moschea, il campanile della chiesa ortodossa e il campanile della chiesa



cattolica. Nonostante la maggior parte delle abitazioni sia stata ricostruita i muri sopravvissuti raccontano, anche qua. Un museo a cielo aperto, per non dimenticare. La città “ nuova” continua a dar “voce” al suo terribile passato.




Di sera tutti intorno alla piazza centrale, una cittadina viva,di mattina riprende le sue attività, non mancano di certo le caffetterie con dolci a volontà,una davanti l'altra, dove fanno un caffè espresso molto “competitivo”.


 



La biblioteca popolare Branco Radicevic è il fiore all'occhiello della città, completamente restaurata, ha la sezione per ragazzi e per adulti e una grande sala studio. Contiene testi Serbi, Croati e Bosniaci.
Bihac è una città di confine della Bosnia nord occidentale,si trova al centro di un formidabile patrimonio naturalistico.




La valle del fiume Una,considerato dai Romani il fiume più bello dell’Impero,ospita gole suggestive, rapide e cascate,castelli medievali e villaggi rimasti inalterati nel tempo.





Nella sola città di Bihac  prima della guerra il 60% era musulmano, bosniacchi, il 18% serbo, 10% croato , l' 8% che si autodefiniva jugoslavo e il 2% altri. Si trova a soli 17 km dal confine con la Croazia, a 170 km da Zagabria e 350 km da Sarajevo.




Durante l'ultima guerra  ha subito la distruzione di molti edifici ,quando la zona intorno alla città era sotto assedio per oltre tre anni fino all'estate del 1995.





Anche qui sono ancora visibili i colpi di mortaio nei muri delle abitazioni sia nel centro abitato sia nei quartieri periferici, le mahale. Attraversata dal fiume Una ha due ponti che collegano le due parti della città, uno per i mezzi e uno in legno, pedonale. Una città con ampi spazi verdi e un parco. Lungo la riva del fiume Una ci sono percorsi pedonali,ristoranti e pub. Il centro della città è moderno, ricostruito successivamente la guerra, si trovano negozi, caffetterie e ragazzi che ballano al battito delle mani dei passanti



Vicino al mercato c'è la piazza con la moschea Fethija, costruzione che risale al 1266, in origine era una Chiesa gotica dedicata a Sant'Antonio ma che fu convertita in Moschea dopo la conquista definitiva degli Ottomani nel 1592.
La maggior parte della costruzione è rimasta intatta anche dopo la conversione in Moschea, si può vedere infatti il portone di entrata ad arco con sopra il rosone. Poco distante si trova la chiesa di Sant'Antonio costruita nel 1891. In uno stile misto, romanico, gotico e barocco fu eretta sostituzione della precedente Chiesa convertita in Moschea.
Ebbe breve vita infatti fu bombardata dagli alleati nel 1943, restarono solo la facciata e la torre campanaria che furono dichiarati patrimonio nazionale nel 2006.



A Turanj, un sobborgo della città di Karlovac, in Croazia,si trova il museo all'aperto della guerra di questa città. Vi si trovano gli armamenti dell'esercito croato. A 58 chilometri a sudest di Zagreb e lungo la strada che va verso i laghi Plitvice, dove iniziò la guerra di indipendenza,questa parte della Croazia fu testimone di una delle più dure battaglie della guerra dell'Ex- Jugoslavia di cui Karlovac divenne simbolo di resistenza croata all'avanzare serbo. 

  

“   Si parla della musica balcanica e dell'ex Jugoslavia, di quel modello di con-vivenza,  
       della diversità al suo interno,la sua ricchezza ,la sua forza e la  sua indicibile bellezza.                      
       Della sua varietà e tolleranza.
       Abbassa gli occhi, tra nostalgia, rassegnazione e lucida consapevolezza. Sorride e scuote la
      testa. Alza lo sguardo benevolo, nervoso muove le mani. Si sforza di dirlo in italiano per farci  
       capire meglio.
 Oh...Jugoslavia non c'è più. Interessi economici e di dominio,la politica,i fanatismi,il nazionalismo. Jugoslavia non c'è più.“




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